“Mi chiamo Sandra, ho 34 anni e sono una trans di Torino. La storia della mia nuova vita comincia 6 anni fa. Al tempo lavoravo come cameriere in un night club in centro, lungo il Po. Mi piaceva il mio lavoro, sopratutto all’inizio e alla fine. Quando entravamo alle 20 e trovavamo il locale pulito scintillante, coi tavoli e i carrellini pronti da imbandire e gli avventori che arrivavano alla spicciolata. E poi alle 5 di mattina, quando tutti i cliente se n’erano andati, e la quiete tornava nel locale vuoto, di nuovo nostro.
Il night club era di proprietà dello zio di mia mamma, un gran lavoratore. Pochi mesi dopo il mio ingresso nella squadra, lo zio si era subito fidato di me e mi aveva affidato le chiavi del locale. La mattina così attendevo che gli altri camerieri e il personale di cucina avessero finito il loro lavoro.
Quando anche il lavapiatti se n’era andato, io entravo nella stanzetta del dj. Mettevo su un pezzo leggero, di swing o jazz cantato. Accendevo due faretti nella sala e sul palco la palla bianca del ‘cercapersone‘. Era il mio momento. Nel frattempo avevo trafugato nel baule delle drag queen un paio di scarpe coi tacchi, un pitone ed un microfono di gomma. Viaggiando sulle note della musica che cantavo in finto playback, mi esibivo intorno ai pali della lap dance. Facevo balletti, corse e casché di fronte al mio pubblico immaginario, che ringraziavo spesso con lievi inchini del capo, fermandomi di tanto in tanto a raccogliere le rose immaginarie che qualcuno lanciava sul palco tra un pezzo e l’altro.
Il mio interesse verso il mondo del travestitismo crebbe e si nutrì delle atmosfere fumose, nelle serate piccanti quando servivo io – e solo io, nel club privé del locale.
Passarono i mesi e poi gli anni, di tanto in tanto vedevo Luisa, la mia ragazza storica. Con lei ci eravamo lasciati da oltre tre anni, ma continuavamo a vederci per fare sesso di tanto in tanto.
Successe una sera che venne quasi a piantonarmi al banco del bar una ragazza alta, che parlava un buon italiano, ma con uno spiccato accento spagnolo. Rimase tutta la sera a guardarmi mentre servivo bevute su bevute. Ogni tanto si avvicinava e mi bisbigliava qualcosa sottovoce nell’orecchio. Perlopiù commenti e allusioni su qualcuno o qualcosa che era appena successo. Anche se parlava piano, aveva un timbro di voce pieno e potente, che mi risuonava dolcemente nelle orecchie.
Rimase anche oltre l’orario di chiusura ed io, senza pensarci troppo, ancora preso a chiudere il locale, mi proposi di riaccompagnarla a casa, visto che aveva chiesto di un taxi. Quando fummo sotto casa sua, lei mi guardo negli occhi dicendo “bhe, allora grazie…” ed io le infilai la lingua in bocca. Fu un lungo bacio da togliere il fiato, e cominciammo a toccarci lungo il corpo, presi dalla foga. Quando fu lei ad avvicinarsi alle parti basse, io risposi a mia volta, ma rimasi allibito e saltai in macchina picchiando la testa sul tettino. “Fra le gambe aveva il pene! Era u uomo.. anzi un trans!”. Per un attimo rimasi bloccato, poi aprii la chiusura centralizzata degli sportelli, cercando di invitarla più o meno esplicitamente a scendere. Lei, o lui capì, scese ringraziandomi e lasciandomi il suo biglietto da visita. Dalla mia bocca invece non uscì una parola.
Di ritorno a casa ero ancora fuori di me, gli occhi fuori dalle orbite che guardavano un imprecisato punto all’orizzonte. La mano con cui avevo fortuitamente toccato il suo pene mi si era come irrigidita. Era rimasta ferma in quella posizione. Da principio era stata una sensazione di schifo, di repulsione… non avevo mai toccato il pene di un altro uomo. Poi lentamente, quasi senza accorgersene, aveva fatto capolino una strana curiosità incontrollabile. Quel pene era più stretto del mio, ma sebbene moscio sembrava piuttosto duro.
Giunto a casa cominciarono a moltiplicarsi nella mia testa i pensieri più torbidi, e stringendo fra le mani il biglietto da visita che sapeva del suo profumo, mi stesi sul divano cominciando a toccarmi. Ero perdutamente invaghito di quella creatura o forse neanche potevo immaginarmi al tempo cosa mi sarebbe accaduto di lì a pochi mesi.
Presto capii che quella sensazione di curiosità, quel senso di scoperta e di nuovo che mi aveva pervaso, non era attrazione per quella persona, quanto per quella sua condizione di essere una bellissima trans di Torino.
Dopo alcuni giorni mi misi in contatto con un centro per l’ascolto sulla sessualità transgender. Lì trovai persone molto disponibili, capaci di rispettare la mia privacy e le mie scelte. Un anno e mezzo dopo cominciai la prima terapia ormonale e feci la mia prima operazione al seno. Avevo 28 anni ma stavo ricominciando da zero, la mia nuova vita da trans a Torino. Ben presto avrei calcato quel palco su cui per tanti anni avevo potuto solo fare le prove.”