Viktor Orbán colpisce ancora. Il primo ministro ungherese, esponente di estrema destra che con la scusa del Coronavirus ha avvocato su di sé pieni poteri, ha spinto il parlamento ungherese ad approvare una legge che impedisce di cambiare l’indicazione del genere all’anagrafe e quindi sui propri documenti. Una legge che così mette fine al riconoscimento legale delle persone transgender e intersex, cioè quelle i cui cromosomi sessuali, i genitali o i caratteri sessuali secondari non sono definibili come esclusivamente maschili o femminili. Il tutto con una votazione larga: 134 voti a favore, 56 contro, 4 astenuti e la firma del presidente János Áder.
Secondo questa legge il sesso biologico «basato sulle caratteristiche sessuali primarie e i cromosomi» sarà registrato alla nascita e non potrà essere successivamente modificato. Il sesso sarà anche indicato nel registro dei matrimoni e dei decessi. Un cittadino transgender quindi non potrà più ottenere alcuna modifica all’anagrafe e sui documenti in accordo con la propria identità di genere, cioè quello a cui sente di appartenere indipendentemente dal sesso biologico.
La legge naturalmente è stata fortemente criticata dall’opposizione e dalle associazioni per i diritti delle persone transessuali, sia ungheresi che internazionali. Il timore è che, visto il clima di polizia introdotto da Orbán e le frequenti richieste di esibire i documenti personali alle persone per strada, con questa nuova normativa aumenterà la discriminazione verso le persone transessuali e in generale lesbiche, gay e bisessuali. La preoccupazione è anche per chi ha già compiuto il percorso di transizione, visto che in Ungheria le richieste di cambio di genere all’anagrafe sono state sospese già dal 2017.