Racconto erotico di fantasia su una escort di Torino
Ciao, sono Martina, vivo a Torino e sono una escort. Una fantastica e bellissima escort alta e snella, dalla chioma lunga color cioccolato e dagli occhi penetranti. Amo il mio lavoro per la libertà che mi permette e per gli incontri che mi offre. Ho un caratteraccio, sono lunatica, ipersensibile e vanitosa. Adoro i bei vestiti, i pistacchi, il caffè lungo e la musica latina. Infondo dentro sono un po’ tamarra, quando sono in macchina, mi piace ascoltare la radio a tutto volume! Non sopporto la Nutella, la volgarità e la maleducazione per tutto il resto penso che potremo arrivare ad un compromesso.
Il cassetto delle meraviglie ha risvegliato più curiosità di quante potessi immaginare. Il mio cassetto… più che un cassetto è un cassettone, incastrato in un vecchio mobile che ho portato via da casa di mia nonna quando è mancata. Non è antico, solo vecchio, ma io ci sono affezionata, da bambina quando giocavo a nascondino con mio fratello era il mio nascondiglio preferito, e per quanto sia ingombrante non ci penso proprio a buttarlo via!
Faccio fatica ad aprirlo e per richiuderlo devo tirare un calcio ben assestato, chi ne scorgesse il contenuto penserebbe che si tratta di un mucchio di cianfrusaglie, e forse è proprio quello che sono, ma per hanno un significato speciale. Ogni oggetto contenuto nel mio cassetto delle meraviglie corrisponde ad una mia prima volta. La prima casa in affitto, il primo volo in aereo, la prima visita a Roma, il primo ragazzo… e la prima volta che sono stata pagata per le mie prestazioni.
Già, quella prima volta di cui vi voglio raccontare oggi. Avevo 17 anni. Si, lo so, non ero ancora maggiorenne, ma per poco e poi nessuno mi ha costretto a fare niente che non mi andasse. Avevo 17 anni e tanta voglia di rendermi autonoma e di andarmene di casa. Allora ero al quarto anno di liceo e dopo lezione, io e la mia amica Joanna trasferivamo il nostro sedere tra un bar lì vicino e il centro commerciale. Joanna si era trasferita in Italia sei anni prima, era più alta di me di una spanna e aveva lunghissimi capelli biondi e una parlantina micidiale che condiva con un pesante accento americano.
Di studio non se ne parlava. Era il primo trimestre, io iniziavo ad aprire i libri ad aprile per recuperare in tre mesi tutte le materie, eccetto fisica. Quella proprio non mi andava giù, ma per una materia sotto non rischiavo certo la bocciatura. Quindi passavamo i pomeriggi a bighellonare mentre i nostri genitori erano a lavoro.
Quel giorno ero particolarmente svogliata. Mi accasciai al tavolo e ordinai una coca. Joanna, invece, era più vispa che mai, e impugnata la stecca, iniziò una partita a bigliardo contro Joanna. Posizionava la stecca, si sdraiava sul tavolo per prendere la mira, scoccava e si rialzava seguendo il percorso della bilia. Quel giorno indossava una minigonna molto corta che metteva in risalto le sue lunghe gambe e quando si piegava sul tappeto verde le si intravedevano le mutandine viola che indossava. Ben presto l’attenzione degli avventori del bar era tutta per lei e per il suo fondoschiena. La mia amica sembrava del tutto ignara dell’effetto che faceva sugli uomini. Solo io avevo notato con che insistenza la stavano fissando. Tutti aspettavano che lei si chinasse per non perdersi lo scivolio della gonna verso l’alto e la comparsa di quel lembo di stoffa viola. Mi alzai per dirglielo, quando un uomo sulla quarantina si alzò anche lui dirigendosi verso Joanna. Arrivammo assieme al tavolo.
Mi piacerebbe fare una partita con te – disse l’uomo rivolto a Joanna.
Lui era alto, ben piantato, testa rasata e occhi azzurri. Niente male. Portava una maglietta che faceva risaltare i muscoli e un paio di jeans stracciati.
Joanna accettò forte degli insegnamenti dello zio. La prima partita la vinse l’uomo, la seconda Joanna. Tutto il bar li stava guardando e io, appollaiata su uno sgabello tifavo per la mia amica.
Hai finito? – gli chiese Joanna, pronta per la bella, quando l’uomo posò la stecca ed estrasse dalla tasca dei pantaloni il pacco di sigarette.
Esco a fumare, poi riprendiamo. Volete venire? – intendendo anche me.
Uscimmo e l’uomo ci porse il pacchetto. Accettammo l’offerta e prendemmo la sigaretta. Io e Joanna fumavamo saltuariamente allora, lo facevamo più per atteggiarci da donne vissute che per un reale piacere di aspirare tabacco.
Per l’ultima partita, ti andrebbe una scommessa? – chiese l’uomo di punto in bianco.
Che tipo di scommessa? – Joanna andava pazza per le sfide ed era già pronta.
Se vinco io, tu e la tua amica venite a casa con me, se vinci tu, sarò il tuo autista per un mese.
L’uomo si era espresso senza mezzi termini e noi rimanemmo interdette, la posta in gioco era alta e avere un autista per un mese tutto per noi, che non avevamo ancora la patente, era un’idea allettante. Vero, che, se avessimo perso, ci aspettava un incontro a tre con un perfetto sconosciuto. Lui non era male e io e Joanna non eravamo di sicuro alle prime armi in fatto di uomini, ma una cosa del genere non l’avevamo mai fatta! Eravamo pronte? L’uomo aspettava fumando in silenzio e guardandoci. Dopo una veloce consulta, accettammo.
Vedo che siete tipe toste, – disse, – Io sono Davide –
Joanna e questa è la mia amica Martina.
Per tutta la partita la gonna di Joanna si alzò ed abbassò, mostrando le mutandine viola. Ora l’uomo le guardava spudoratamente, con gli occhi di chi sa che tra poco potrà metterci le mani sopra. Mi ero già pentita di avere accettato, anche se una parte nascosta di me, sperava che la mia amica perdesse. Lo sentivo, un senso di eccitazione che pulsava dentro e che provavo a reprimere. Joanna era sicura di sé, ma questo non bastò a farla vincere. La partita altalenava tra una buca di lui e una di lei, ma alla fine lui la spuntò con un tiro da maestro, che evidentemente aveva tenuto in serbo per l’occasione. Pagò le nostre bibite e insieme lasciammo il bar. Solo quando fummo fuori mi accorsi che Joanna teneva ancora in mano la stecca del biliardo.
E quella? – le chiesi.
Lei scoppiò a ridere e fece spallucce. Joanna era così, euforica e matta. Completamente.
Salimmo su un pick up verde scuro. Tutti e tre stretti davanti. Davide, Joanna e io. Durante il tragitto dal bar a casa di Davide, la sua mano finì sulla coscia di Joanna. La mia amica mi prese la mano e la strinse, poi mi diede un bacio. Iniziammo a baciarci, mentre la mano dell’uomo saliva lungo la coscia di lei. Quando ci fermammo, la mano di Davide era dentro alle mutandine di Joanna.
Quanto le ho desiderate! – disse.
Viveva in un appartamento nella zona popolare della città, arredato con mobili vecchi, ma pulito e tenuto in ordine.
Volete qualcosa da bere? Ho della coca in frigo.
Mentre preparava i bicchieri, Joanna ormai eccitata riprese a baciarmi e piano mi sbottonò la camicetta che indossavo, lasciandomi in reggiseno. Poi fece scivolare verso il basso la cerniera dei jeans e ci affondò la mano. Aveva un tocco delicato che mi mandò in estasi. Davide, vedendoci, si avvicinò, senza riuscire a contenersi sollevò di scatto la gonna alla mia amica e le scostò le mutandine. Joanna si piegò in avanti per assecondarlo e lui, abbassatosi i pantaloni entrò dentro di lei. Eravamo una catena perfetta. Joanna iniziò ad ansimare sotto i colpi dell’uomo e intanto continuava a stimolarmi. Io raggiunsi in fretta l’orgasmo eccitata dalla vista di noi tre che lo facevamo. Quindi iniziai a stimolare la mia amica e Davide a mia volta fino a quando non vennero. Fu veloce, ma intenso. Chiacchierammo ancora un po’ seduti sul divano come buoni amici, poi Davide ci riportò a casa e al momento di salutarci ci lasciò un centinaio d’euro. Fu in quel momento che vidi la stecca abbandonata sul sedile del pick up. Joanna non la voleva più, così la presi io.
Ecco qui svelato il primo oggetto del mio cassetto delle meraviglie.
A presto altre storie
Bacio a tutti cari lettori
Martina
Racconto Pubblicato da Tania