Il nome Benedetta D’Anna è diventato popolare nel giro di pochissime ore, quando sulle principali testate nazionali e locali è comparsa la notizia che riguarda questa donna: licenziamento in tronco per aver condotto una doppia vita hot. La donna, quarantenne torinese in arte Benny Green, ha iniziato a pubblicare foto e video sexy a partire dal 2020, quando ha scoperto il piacere per la sua avvenenza e quello di condividerlo con la rete. Per queste ragioni la banca per cui lavorava da ben 17 anni ha deciso di licenziarla per giusta causa.
Una storia surreale
Per la donna si tratterebbe di un’assurda discriminazione. Lei ha dichiarato di aver sempre svolto questa seconda professione per l’intrattenimento a luci rosse al di fuori dell’orario di lavoro. Inoltre i contenuti più espliciti, sostiene Benedetta d’Anna, sono sempre stati pubblicati su una piattaforma apposita privata. Per lei si è trattato di un vero e proprio abuso ma la banca contesta assenze ingiustificate dal servizio, attività lavorativa extra-bancaria durante l’orario di lavoro e violazioni reiterate al contratto da lei sottoscritto.
La versione della donna
Secondo la donna, invece, si è trattato di un vero e proprio abuso motivato dal bigottismo della banca che avrebbe agito solamente perché il comportamento dell’intrattenitrice sarebbe stato giudicato immorale. L’ex dipendente della banca ha messo a punto un ricorso per mobbing. Dopo ben 17 anni di anzianità lavorativa la donna si è vista recapitare lettere di ammonimento che sono state seguite dal definitivo licenziamento per giusta causa.
Benedetta D’Anna sostiene di aver ricevuto provvedimenti disciplinari derivanti dalla sua volontà di pubblicare, di tanto in tanto, foto sexy sui suoi social e contenuti riguardanti alcune serate di intrattenimento a cui ha preso parte. Pertanto ritiene che la reale motivazione della banca, a prescindere da quanto riportato nella lettera di licenziamento, sia solamente legata ad una reazione bigotta esagerata.
Le dichiarazioni di Benedetta D’Anna
La quarantenne piemontese ha parlato anche ai microfoni di La Zanzara, su Radio24. In trasmissione ha spiegato che questa brutta faccenda le ha dato lo sprint per interrompere la sua carriera e dedicarsi totalmente al settore dell’intrattenimento per adulti. In ogni caso la sua reazione tramite i legali è motivata dalla volontà di non voler rinunciare ai diritti acquisiti dopo quasi due decenni di lavoro.
Lei sostiene di esser stata giudicata in modo ingiusto tramite le lettere di richiamo, contenenti frasi prese dai suoi profili privati su OnlyFans con il solo scopo di screditarla. Per D’Anna il porno è una professione riconosciuta e che, come tale, andrebbe rispettata.
Dalla gogna al successo nel mondo hard
Questa faccenda le ha dato attenzione e risalto sui media tant’è che ha potuto realizzare il suo sogno di partecipare al nuovo cortometraggio diretto da Rocco Siffredi e ambientato nel panorama scambista italiano. Al momento, quindi, questa brutta faccenda potrebbe averle aperto nuove strade che sicuramente non sembra disdegnare. Riguardo questa faccenda ci sarebbe da riflettere sul ruolo dei contenuti porno nel nostro Paese, spesso relegati a semplice questione morale e di etichetta.
Una dipendente di una banca non può avere una vita privata nell’intrattenimento per adulti semplicemente perché “non sta bene” con il rigore e l’immagine dell’azienda e non perché ci siano espliciti divieti normativi. Questo è il vero punto della questione se consideriamo che l’intrattenimento per adulti è un settore rilevante da un punto di vista sociale ed economico per il nostro Paese.
L’industria del porno è una delle più redditizie al mondo
Il valore cresce di anno in anno ed è sempre più difficile da quantificare visto che si caratterizza come la somma di tante voci distinte che spaziano dall’intrattenimento dal vivo a quello online. È giusto condannare in modo così esplicito una dipendente per ciò che questa fa al di fuori dell’orario di lavoro, ammesso che Benedetta abbia raccontato la verità?
Nel Bel Paese è ancora troppo presto per ammettere che le fantasie erotiche, gli atti sessuali, i pensieri espliciti e l’intrattenimento reale o digitale sono parte della quotidianità della gran parte delle persone.
Il velo di tabù è sempre più assottigliato e su questo non c’è dubbio. D’altra parte è vero che tutti i lavoratori di questo ambito hanno sempre raccontato delle difficoltà sociali derivanti dal giudizio altrui nei confronti della loro professione.