Mi presento mi chiamo Paolo ed ho quarant’anni. Voglio raccontarvi di qualcosa che mi è accaduto di recente e che mi sta in qualche modo sconvolgendo la vita.
Ma per farlo dobbiamo fare un lungo passo indietro… Avevo 20 anni e frequentavo l’istituto tecnico della mia città, ero ripetente. La nostra insegnante di italiano e storia era la signora Strubbiani, una vecchia professoressa, cattiva ed antipatica, che ci riempiva eccessivamente di compiti. Noi ci aiutavamo come potevamo, ma in cuor nostro speravamo che un giorno qualcuno sarebbe venuto a salvarci.
Un giorno qualcuno lassù in alto sembrò aver ascoltato le nostre preghiere. La prof Strubbiani era cascata dalle scale e si era bloccata per un po’. Per sostituirla mandarono a scuola una ragazza che si era da poco laureata. Si chiamava Lucrezia, era una tipa alta e molto solare. Al suo ingresso in aula il nostro atteggiamento verso l’istituzione scolastica cominciò a cambiare radicalmente. Attraversava la stanza con un’eleganza inconsueta per un gruppo di ragazzini nel pieno della pubertà. Indossava dei vestiti lunghi e leggeri, molto casti, che però lasciavano un enorme spazio alla nostra fantasia. Ma, cosa più importante, la professoressa Lucrezia mi aveva preso in simpatia, Mi sorrideva sempre, non si arrabbiava mai se non avevo fatto bene i compiti, e piano piano eravamo diventati amici. Lei mi faceva conoscere i suoi cantanti rock preferiti, io invece le parlavo dei miei idoli punk. È vero, era la mia professoressa, ed aveva almeno otto anni più di me, ma pian piano cominciai a vederla sotto una luce differente. Quando la guardavo negli occhi mentre spiegava, anche se non lo dava ad intendere, ogni tanto mi fissava in modo diverso. Non era come con gli altri professori, con lei era diverso. Ogni tanto eravamo rimasti soli in classe, ed avevo letto nei suoi occhi qualcosa di più del semplice rapporto professoressa-alunno. Mi guardava con gli occhi della maestra, ma con un sottofondo di passione. A volte poi quando le parlavo la vedevo che si mordicchiava il labbro. Un pomeriggio, quando ero tornato a scuola per assistere ad un seminario di approfondimento, la incontrai in biblioteca. Ci sedemmo e cominciammo a parlare, d’un tratto si fece silenziosa ed avvicinò una mano alla mia sul tavolo. Cominciò a stringerla ed accarezzarla con sempre maggior ardore ed in quel momento mi sentii investito da una grande ondata di calore. Lei era lì, con me, e quelle carezze non avevano la forma dell’affetto, ma di qualcos’altro.
Poi, all’improvviso, qualcuno entrò nella stanza. Era il preside, vide le nostre mani unite sul tavolo, i nostri volti arrossati oltremisura, e capì subito tutto, ma volle solo darci un avvertimento. Se non ci avesse più visto farlo non ne avrebbe mai parlato con nessuno. Da allora io e la professoressa Lucrezia fingemmo di ignorarci ed alla fine arrivammo a farlo davvero. Più che altro era uno sorta di senso di autoconservazione che ci spingeva a farlo.
Ma oggi, a distanza di 24 anni da quell’episodio, lei è ricomparsa. Più bella e più donna che mai, anche se io non l’avevo più rivista, solo sognata, in tutti quegli anni. Ci siamo incontrati in un luogo assurdo, impensabile. Nella stanzina con i divanetti dove ci si riposa e si fa colazione dopo aver donato il sangue.
Ci siamo guardati da lontano per alcuni interminabili secondi e dopo esserci definitivamente riconosciuti, ci siamo alzati per salutarci. Quando ho appoggiato il mio volto sulla sua guancia, ho risentito d’istante quella potente energia, che evidentemente era stata solo interrotta quel giorno in biblioteca. Dopo aver parlato per un po’ di massimi sistemi applicati alle rispettive vite, ci siamo scambiati il numero di telefono con grande naturalezza…
Adesso è passata una settimana da quell’episodio e dopo alcune decine di messaggi, lei mi ha chiesto: perché non ci incontriamo per un aperitivo? Ma come, ma non mi hai detto che eri sposata? Avrei voluto invece risponderle…
Ecco, adesso io non so più cosa fare, non so più niente. Di fatto le ho subito risposto di sì, scrivendolo a caratteri cubitali. Però, adesso che mancano due giorni all’appuntamento, il mio cuore comincia a battere forte ed il cervello si fa mille domande… farò bene?”
Tania Rossi risponde
Carissimo Paolo,
ho letto con grande attenzione la tua lettera, che in alcuni punti è quasi commovente. Non credo ci sia nulla da aggiungere a quanto hai scritto. Il mio unico consiglio è quello di seguire il tuo istinto, di lasciarti andare… e poi sarà quel che sarà. Spero, come si deduce da ciò che scrivi, che questo sogno si realizzi, perché sembra davvero che “è una vita che l’aspetti”.
Non ci pensare su troppo, non fasciarti la testa in anticipo. Che sia “solo” l’inizio di una bellissima amicizia, o la classica fiamma che si consuma subito e brucia in una notte, oppure ancora l’avvio di una gratificante e seria relazione erotica, questo sarete voi a deciderlo.